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Rapporto Pendolaria 2025

In Italia il trasporto pubblico fatica a migliorare. A pesare finanziamenti insufficienti ben al di sotto delle necessità, mentre il progetto del Ponte sullo Stretto continua a drenare ingentissime risorse pubbliche. 

Il nuovo rapporto sulla situazione del trasporto pubblico in Italia, Pendolaria 2025, sottolinea ancora una volta come le esigenze di mobilità del Paese siano messe in secondo piano rispetto all’eterna rincorsa all’annuncio sulle grandi opere, come il Ponte sullo Stretto, che hanno distolto l’attenzione dai veri problemi di chi viaggia in treno ogni giorno. Il rischio concreto è ignorare le “piccole” opere che farebbero grande il Paese, e non coglierne le opportunità occupazionali e di slancio economico.

Quello che serve è una vera cura del ferro, con investimenti mirati per potenziare il trasporto pubblico su rotaia investendo su treni moderni, raddoppi di linee, passanti ferroviari, potenziamenti, velocizzazioni, nuove stazioni, elettrificazione, infrastrutture efficienti e mobilità sostenibile per migliorare la qualità della vita dei cittadini, la qualità dell’aria e raggiungere gli obiettivi climatici dell’Accordo di Parigi, promuovendo un sistema di trasporto integrato e sostenibile, degno di un paese moderno.

Ma i finanziamenti ad oggi risultano essere assolutamente inadeguati. Il risultato è un trasporto che fatica a migliorare e su cui pesano anche gli impatti degli eventi meteo estremi con ritardi e interruzioni sempre più frequenti i divari cronici tra Nord e Sud del Paese, i tagli ai collegamenti interregionali

Partendo dal portafoglio delle risorse, è a dir poco esiguo l’incremento di 120 milioni previsto nella proposta di legge di Bilancio 2025 per il Fondo Nazionale Trasporti, sottofinanziato da anni. In valori assoluti, i finanziamenti nazionali per il trasporto su ferro e su gomma sono passati da circa 6,2 miliardi di euro nel 2009 a 5,2 miliardi nel 2024, ma questi importi restano ben al di sotto delle necessità e rappresentano un –36% se si considera l’inflazione di questi ultimi 15 anni. Nel frattempo, il progetto del Ponte sullo Stretto continua a drenare ingentissime risorse pubbliche. Lo scorso anno, 1.6 miliardi sono stati dirottati dalla quota dei Fondi per lo sviluppo e la coesione (FSC) destinati direttamente alle regioni Calabria e Sicilia, mentre ora sono state alleggerite ulteriormente (da 9,3 a 6,9 miliardi) le spese a carico dello Stato, aumentando da 2,3 a 7,7 miliardi il contributo FSC. L’aspetto drammatico è che oltre l’87% degli stanziamenti infrastrutturali fino al 2038 riguarderanno il Ponte sullo Stretto, lasciando irrisolti problemi cronici come le linee chiuse o i servizi sospesi da oltre un decennio. A questo si aggiungono criticità nelle infrastrutture di trasporto urbano, tra opere mal concepite, come l’ovovia di Trieste e lo Skymetro di Genova, e interventi fondamentali fermi da anni, come la riqualificazione della Roma-Giardinetti e la tranvia Termini-Vaticano-Aurelio

Oltre ai finanziamenti inadeguati, a pesare sul trasporto pubblico sono anche gli impatti della crisi climatica. Sono 203 gli eventi meteo estremi che in Italia negli ultimi 14 anni – tra il 2010 e il 2024 – hanno causato interruzioni e ritardi a treni, metro e tram in tutta Italia. Piogge intense e allagamenti, frane dovute a intense precipitazioni, temperature record e forti raffiche di vento hanno colpito la mobilità in particolare di Roma (con 36 eventi), Napoli (12) e Milano (11). Secondo il Rapporto del Mit “Cambiamenti climatici, infrastrutture e mobilità”, i danni su infrastrutture e mobilità provocati dalla crisi climatica aumenteranno entro il 2050 fino a circa 5 miliardi di euro l’anno e, in assenza di misure di adattamento, raggiungerebbero un valore tra lo 0,33% e lo 0,55% del PIL italiano al 2050.  

Ritardi cronici, stazioni chiuse da anni e treni poco frequenti sono la sfida quotidiana dei pendolari che utilizzano le linee peggiori d’Italia. Tra le conferme le linee ex Circumvesuviane, segnata da avarie, soppressioni, tagli, sovraffollamenti; la Roma Nord-Viterbo che nel 2024 ha visto oltre 5.000 corse soppresse, la Milano-Mortara-Alessandria, che serve 19.000 persone al giorno, ed è caratterizzata da guasti frequenti e ritardi, e la Catania-Caltagirone-Gela di cui una tratta, la Caltagirone-Niscemi-Gela, è sospesa da ben 13 anni e mezzo. Per la Roma-Lido si vede un leggero miglioramento ma sono ancora molti i problemi dei pendolari su questa linea.  

Il Sud, il grande dimenticato: qui la situazione del trasporto su ferro resta critica: l’età media dei treni, pari a 17,5 anni, è ancora superiore a quella del Nord, dove si è scesi a 9 anni. Inoltre, la rete ferroviaria del Mezzogiorno è ancora in gran parte non elettrificata e sono diverse le linee dismesse come la Palermo-Trapani via Milo, chiusa dal 2013, o la Caltagirone-Gela, chiusa dal 2011 o quelle delle linee che da Gioia Tauro portano a Palmi e a Cinquefrondi in Calabria, il cui servizio è sospeso da 13 anni.